mercoledì 25 aprile 2018

Marina Berlusconi e di Battista: la figlia del Berlusca ha mai letto libri di storia?


E’ comprensibile.
A Marina Berlusconi non sono piaciute le affermazioni sul padre Silvio fatte da Alessandro Di Battista. Lo ha definito “il “male assoluto”.
Ovviamente, la figlia ha esternato. Sostenendo che: “mio padre si è conquistato un posto nei libri di storia, del signor Di Battista non credo che su questi libri troveremo grandi tracce”.

Che dire. Ha ragione. Suo padre si è conquistato un posto nei libri di storia.
Ma anche Totà Riina avrà un posto nei libri di storia. Se la signora Marina Berlusconi avesse letto qualche libro di storia, si sarebbe accorta che ci si può finire in tanti modi, per tanti motivi. Per aver rappresentato il bene o…per aver rappresentato il male. Assoluto o no. 

Bullismo, è evidente che Michele Serra non frequenta i poveri


da: Il Fatto Quotidiano – di Alex Corlazzoli

Papa Giovanni XXIII era un maleducato. Così lo sarebbero anche padre Enzo Bianchi, figlio di poveri, ed Ermanno Olmi che ha avuto una madre operaia e un padre ferroviere.

Il fighetto teorema usato da Michele Serra nella sua prima versione dell’Amaca non lascia spazio ad interpretazioni: “Il livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle parole, di rispetto delle regole è direttamente proporzionale al ceto sociale”. Così ha scritto il giornalista, che il giorno dopo ha tentato di mettere una pezza dopo le critiche confermando la visione di uno che ragiona alla maniera di chi non conosce e non frequenta i ceti sociali poveri. D’altro canto Serra ha fatto il liceo Manzoni a Milano e sarei curioso di sapere che scuola ha fatto fare ai suoi figli.

La penna di Repubblica ha usato questo indegno teorema per giustificare un’altra tesi fighetta a proposito degli atti di intimidazione di alunni contro professori: “Non è nei licei classici o scientifici, è negli istituti tecnici e nelle scuole professionali che la situazione è peggiore”.

Sia chiaro la nostra società è classista. Nessuno lo vuole negare, ma ho l’impressione che il giornalista che vive tra Milano – dove è cresciuto – e il piacentino – dove ha una terra di molti ettari, che si diverte a coltivare quando ha tempo – non conosca la dignità e la fatica di quegli operai che magari non sanno il latino e il greco ma hanno insegnato per prima cosa ai loro figli il rispetto per l’altro. Ho la sensazione che non abbia mai messo piede allo Zen di Palermo dove Giovanni tra mille sacrifici ha lottato per riuscire a fare le scuole superiori e oggi insegna ad altri ragazzi il riscatto sociale. Ho il dubbio che a casa di una famiglia di ceto sociale non pari al suo non abbia mai pranzato e chissà come se la immagina. E chissà se è mai stato in un professionale o in tecnico per parlare in quel modo.

Michele Serra: Perché non è classista denunciare le disuguaglianze nella scuola dei bulli


da: la Repubblica del 22 aprile  

Una mia recente Amaca sulle aggressioni agli insegnanti ha sollevato, su alcuni giornali e sui social, una rovente discussione. In estrema sintesi: ho attribuito alla «struttura fortemente classista e conservatrice della nostra società» il maggiore tasso di aggressività e di indisciplina che si registra (stando alle cronache) nelle scuole tecnico-professionali e nelle medie inferiori rispetto ai licei, frequentati quasi solo «dai figli di quelli che hanno fatto il liceo». Poiché, scrivendo una nota di 1.500 caratteri, si è costretti a evitare la zavorra dell’ovvio, non ho aggiunto che esistono fior di liceali screanzati e arroganti, e borgatari gentili e brillanti che ogni professore vorrebbe avere nella sua classe. Mi interessava dire del macro-fenomeno, e in buona sostanza, non citandolo, di ripetere l’antica lezione di don Milani sulla “scuola di classe” (vale ricordare, in proposito, recenti polemiche su alcune auto-promozioni di eleganti licei romani e milanesi, orgogliosi di avere nelle proprie aule alunni, come dire, ben selezionati socialmente).

L’Amaca di Michele Serra sulle intimidazioni ai professori


Pubblico l’Amaca di Serra che ha suscitato reazioni e a seguire la sua replica a Luca Telese nonché un articolo di Corlazzoli sul Fatto Quotidiano.
Io mi limito a commentare che non trovo scandalose le osservazioni di Serra, che però pare dimenticare che atteggiamenti violenti o di prepotenza, maleducazione, diseducazione civica, arrivano anche dal quel ceto sociale che…frequenta i licei e non gli istituti tecnici.
E visto che Michele Serra abita a Milano, vorrei ricordargli che alcuni anni fa dei ragazzi “bene”, di quelli che frequentano i licei classici o scientifici, hanno allagato  i bagni della scuola provocando danni.
Quei ragazzi figli del benessere, frequentavano il liceo Parini nella centralissima Milano, zona Brera.
Michele Serra farebbe bene a ricordarsi questo episodio e se andasse a ripescare nella cronaca ne troverebbe altri.

da: la Repubblica del 20 aprile 2018

Tocca dire una cosa sgradevole, a proposito degli episodi di intimidazione di alunni contro professori. Sgradevole ma necessaria. Non è nei licei classici o scientifici, è negli istituti tecnici e nelle scuole professionali che la situazione è peggiore, e lo è per una ragione antica, per uno scandalo ancora intatto: il livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle parole, di rispetto delle regole è direttamente proporzionale al ceto sociale di provenienza. Cosa che da un lato ci inchioda alla struttura fortemente classista e conservatrice della nostra società (vanno al liceo i figli di quelli che avevano fatto il liceo), dall'altro lato ci costringe a prendere atto della menzogna demagogica insita nel concetto stesso di "populismo".

lunedì 23 aprile 2018

Milano, “com’è bella la città” per i disabili che devono usare i mezzi pubblici



Disabili, a Milano il mezzo pubblico è un’incognita. “Vuole usare la metro? Chiami mezz’ora prima”
Per essere certi del funzionamento di montascale e pedane bisogna chiedere ad Atm poco prima di partire. E nell'interscambio del passante a Porta Venezia (gestito da Trenord) ascensore fermo da 20 giorni: disservizio non segnalato
di Renato La Cara

Impossibile essere sicuri di poter viaggiare in metropolitanaprogrammando in anticipo gli spostamenti con la carrozzina. Per sapere se si riuscirà ad arrivare a destinazione bisogna aspettare il giorno stesso del viaggio e telefonare all‘Atm mezz’ora prima di uscire di casa. Solo in quel momento è possibile accertarsi che sia tutto funzionante: ascensori, montascale, sollevatori, pedane. E che ci sia un operatore per l’assistenza. Ecco uno dei principali problemi incontrati dalle persone con disabilità motoria che viaggiano sui mezzi pubblici di Milano. Così, ad esempio, un ragazzo disabile che deve spostarsi per partecipare ad una gita di istruzione non ha la certezza di riuscire a prendere la metro insieme alla propria classe. E’ vincolato ad una telefonata last minute di verifica dell’effettiva accessibilità della fermata di partenza e di quella di destinazione.

“Senza una telefonata da fare poche decine di minuti prima di partire – spiega a Ilfattoquotidiano.it l’ufficio infoline di Atm che si occupa delle informazioni e supporto al trasporto pubblico dei passeggeri con disabilità – si rischia di trovare qualche disservizioe di non potersi spostare liberamente”.

Trattativa Stato-mafia: i due volti della sentenza di Palermo



Giustizia e ingiustizia. Trattativa Stato-mafia, i due volti della sentenza di Palermo
di Danilo Paolini

Ha retto, forse un po’ a sorpresa, l’impianto accusatorio costruito dalla procura della Repubblica di Palermo per dimostrare che nei primi anni 90 lo Stato trattò con "cosa nostra" per disinnescare la strategia stragista di quest’ultima. Una trattativa effettivamente ci fu, ci dice il verdetto emesso ieri pomeriggio dalla Corte di assise del capoluogo siciliano, e riguardò gli allora vertici del Ros dei Carabinieri, che avrebbero fatto pressioni sui governi dell’epoca. E Marcello Dell’Utri, stretto collaboratore di Silvio Berlusconi, tra i fondatori di Forza Italia e poi parlamentare della stessa forza politica, già condannato in via definitiva cinque anni fa per concorso esterno in associazione mafiosa. Dell’Utri, dunque, dopo la vittoria del suo partito alle elezioni politiche del 1994, sarebbe stato il "portavoce" delle minacce dei boss presso il primo governo Berlusconi.

Ma le sentenze vanno rispettate fino in fondo. Allora va affermato con chiarezza che quella di ieri non ci dice (e, date le premesse, non poteva dircelo) che i contatti con i boss Riina, Bagarella, Cinà e con l’ex-sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino – le "rivelazioni" talvolta false o non riscontrate del figlio di quest’ultimo, Massimo, sono state alla base del processo concluso ieri – furono tenuti, esperiti o avallati da esponenti di governi della Repubblica. E questo è un elemento essenziale, anzi imprescindibile nell’ambito di un procedimento che si è protratto per cinque anni tra mille polemiche (anche tra gli stessi magistrati inquirenti), troppi veleni e autentici drammi umani.

sabato 21 aprile 2018

Milano, Assicurazioni Generali contro Guenzati: firma la petizione per salvare il negozio più antico di Milano



Salviamo la ditta Guenzati, il negozio più antico di Milano 

Clicca il link per firmare la petizione



Questo è il grido che giunge a Milano da ogni parte d'Italia e non solo, forte dei 31.069 voti raccolti lo scorso anno nel censimento popolare de "I Luoghi del Cuore 2016", promosso dal FAI, nel quale la storica bottega ha ottenuto lo straordinario 5° posto a livello nazionale, il 1° assoluto in Lombardia, il 1° assoluto ed incontrovertibile a Milano, nonché il 1° posto nella categoria dei negozi storici d'Italia da tutelare.

In altre parole tutti si oppongono alla dipartita della Ditta Guenzati da Via Mercanti, ma chi sta in alto fa finta di non sentire; non tiene per nulla in considerazione la voce di coloro che credono ancora nella storia e nelle tradizioni, convinti invece che le botteghe storiche siano gioielli inestimabili da conservare e tutelare, in quanto veri tesori identitari e territoriali delle nostre città. 

La lunga storia della Ditta Guenzati inizia durante il Ducato di Milano sotto il governo asburgico, quando nel lontano 1768 Giuseppe Guenzati decide di aprire una bottega di tessuti col proprio nome nell'antica Contrada dei Fustagnari al fondaco n.1677. Sopravvissuta nel corso degli anni alla dominazione austriaca e a quella napoleonica, e alle successive due guerre mondiali, la sua affascinante storia si snoda attraverso due secoli e mezzo, da poco prima della Rivoluzione Francese fino ad arrivare ai giorni nostri. 250 anni durante i quali la Ditta Guenzati, grazie alla grande passione e professionalità dei suoi proprietari e dei suoi collaboratori si è guadagnata una meritata fama che è andata ben oltre i confini nazionali divenendo col passare del tempo un punto di riferimento unico sia per i tessuti di finissima qualità che per gli accessori d'abbigliamento di marcato stampo anglosassone di alta artigianalità.

mercoledì 18 aprile 2018

Marco Travaglio: Chi muore si rivede



Toh, chi si rivede: il Pd. Quando ormai disperavamo di trovare traccia del secondo partito italiano, votato dal 18,7% degli elettori, s’odono dal Nazareno i primi timidi vagiti e qualche prudente pigolio. Martina, Calenda, Fassino, Serracchiani, Rosato, oltre agli antemarcia Emiliano e Boccia e ai più recenti aperturisti Orlando e Franceschini.
Segnali di vita, o almeno di coma vigile. Anche dal fronte renziano. E in quale direzione? Quella di un dialogo con i 5Stelle, la forza politica da sempre più vicina o meno lontana alle idee e ai valori del centrosinistra. Che, se finora non se n’era accorto, è perché non aveva idee e si era scordato i valori, a furia di copiare da B.. Noi, modestamente, l’avevamo scritto più di un anno fa, subito dopo il trionfo del No al referendum. L’unica via d’uscita per Renzi, in alternativa al ritiro dalla politica prima promesso e poi smentito, era un bell’esame di coscienza e un ritorno alle (sue) origini. Quelle del rottamatore anti-casta e anti-establishment che si era presentato alle primarie del 2012 e 2013 come l’ultimo salvagente del Sistema dalla marea montante dei 5Stelle: fronteggiando Grillo senza demonizzarlo, anzi copiandogli le idee per fargli concorrenza. Se Renzi torna Renzi e riavvolge il nastro fino al 2013 – dicevamo – rimangiandosi o correggendo le politiche berlusconiane del suo governo e ripartendo dalla lotta alle diseguaglianze, ai privilegi, alle mafie, alle lobby, alla corruzione, all’evasione, ai conflitti d’interessi, alle grandi opere inutili, non potrà che trovare un’intesa col M5S e risparmiarci un triste ritorno al passato berlusconian-leghista.

Alitalia, un anno buttato (dal PD) e 900 milioni dei contribuenti



di Marco Giovanniello

Il prestito ponte, concesso dallo Stato ad Alitalia quasi dodici mesi fa, è stato messo sotto osservazione da parte dell’Unione Europea, che vuole appurare se si tratta di un aiuto di Stato, come tale concorrenza sleale e vietata.

I meccanismi di Bruxelles sono lenti, ma perfettamente prevedibili. Quanto accade ora era assolutamente scontato, qualche linea aerea concorrente avrebbe lamentato la violazione delle regole del gioco e la procedura comunitaria sarebbe partita. Era altrettanto certo che non sarebbe successo subito, che dunque si sarebbe potuto guadagnare tempo, evitando la chiusura di Alitalia e la messa a terra degli aerei che altrimenti sarebbe stata inevitabile all’inizio del maggio 2017.

Il prestito si chiama “ponte” perché doveva permettere ad Alitalia di scavalcare il mare di guai e trovare un compratore. La sua restituzione con gli interessi era stabilita dopo sei mesi, ma è stato invece prorogato e aumentato a novecento milioni. Ora che si avvicina pure la scadenza della proroga, il Governo Gentiloni si accinge a rinviarla a fine anno.

The Voice of Italy 2018: Mirco Pio Coniglio, “Piccola Anima”

The Voice of Italy 2018: Marco Priotti, "Radioactive"

domenica 15 aprile 2018

Amici 2018, due puntate serali con bassi ascolti: un reality mediocre, vediamo perché



Da due settimane è iniziato il serale di Amici. Contrariamente ai pronostici i dati di ascolti non stanno stracciando Ballando con le Stelle. Anzi. La prima puntata ha visto il programma della Carlucci superare in numero di spettatori quello di Maria De Filippi, nella seconda puntata c’è stato praticamente un pareggio.
Primo serale:  3.996 per Amici, 4.509 per Ballando. Secondo serale: 3.742 per Amici, 4.189 per Ballando.
Entrambi i programmi hanno visto diminuire gli spettatori; maggiormente Ballando (che la scorsa settimana beneficiava della presenza di Albano e Romina) ma Amici non ritorna agli ascolti di qualche edizione fa.

Riporto il numero di telespettatori e non le percentuali di share perché, come dovrebbe sapere chi ha rapporti anche solo sufficienti con la matematica, la percentuale è calcolata raffrontando il numero di telespettatori di un programma rispetto al totale degli spettatori in quella medesima fascia oraria. Quindi: se il numero totale degli spettatori diminuisce, la percentuale di share di un programma aumenta.

Sempre in relazione agli ascolti, poiché c’è ancora in giro parecchia ignoranza, vorrei dare un’informazione a coloro che ancora credono che cambiando canale diminuiscono gli spettatori di un programma.
I dati di ascolto sono determinati dal campione di telespettatori che hanno il meter, cioè quello strumento con cui si comunica il programma che si sta vedendo. Ovviamente, può succedere che il possessore del meter dichiari di vedere un programma mentre ne vede un altro oppure non segnali immediatamente il cambio di canale. Ecco perché non possiamo prendere per scientifici i dati né possiamo ritenere scienza esatto il panel: cioè la tipologia di spettatori (divisa per sesso, età, livello di istruzione, ecc..) che possiede il meter. Tale panel è stato oggetto di aggiornamento proprio perché se ne contestava la rappresentatività.

Senza ironia: sono sorpresa dai dati di ascolto di Amici. Davo per scontato due cose: la mediocrità del serale, che Amici avrebbe superato in termini di ascolto il programma della Carlucci.
Come mai? Sono andata a guardarmi un po’ di roba. Ho fatto fatica, molta fatica…ma alcune cose mi sono chiare. Chiarissime. Lampanti…..

Premessa: Maria De Filippi aveva dichiarato che in questa edizione sarebbero spariti i direttori artistici e avrebbe “rimesso al centro i ragazzi”. Peccato per lei che abbia scelto di farlo nell’edizione ancora più mediocre delle precedenti edizioni mediocri.

Ecco le mie osservazioni (e qualche messaggio) in nove punti. Preciso che ho evitato accuratamente – per mantenere inalterato il mio equilibrio intestinale – di vedere gli rvm, cioè tutto ciò che andava dalla discesa dello schermo al ritorno al posto del concorrente.

1. Non capisco il senso della prima prova. Se non come “invito” a buttare fuori al termine della puntata (che per vincere la gara di ascolti finisce dopo la una) chi è stato mandato in panchina.

giovedì 12 aprile 2018

Siria: tre domande sull'escalation di Trump



Senza una risposta Usa all'attacco di Duma la guerra probabilmente sarebbe finita con la vittoria di Assad e alleati. Dagli interrogativi sull'uso dei gas tossici alle posizioni delle potenze Nato, quali sono gli interessi in campo. 
di Barbara Ciolli

Come nel 2013 il mondo è un passo dalla guerra tra Stati Uniti e Russia e la causa è ancora un attacco chimico in Siria a Ghouta, il sobborgo di Damasco in mano ai ribelli. Allora Barack Obama temeva di essere trascinato con un pretesto in una nuova guerra sporca e per non ricadere nell'errore dell'Iraq tirò in extremis il freno a mano. Ma stavolta alla Casa Bianca c'è Donald Trump e il tycoon americano (cacciato chi lo arginava) ha appena piazzato due superfalchi come segretario di Stato e consigliere alla Sicurezza: nell'ordine, l'ex capo della Cia Mike Pompeo e l'architetto della guerra alle – finte – armi di distruzioni di massa in Iraq, John Bolton. Se Obama accettò con il Cremlino un accordo per il disarmo chimico in Siria, le probabilità che Trump agisca sono altissime.

ALLERTA AEREA. L'Agenzia europea per la sicurezza aerea (Eurocontrol) ha diramato un'allerta alle compagnie di volo sulle rotte aeree del Mediterraneo orientale per il «possibile lancio di raid aerei con missili aria-terra e/o cruise entro le prossime 72 ore». Un attacco degli Usa, con il sostegno di Francia e Regno Unito come nel 2011 in Libia, è nell'aria, Trump lo ha anche twittato minacciando Mosca.

mercoledì 11 aprile 2018

Il “modello” sanitario della Lombardia: la cura del business a discapito delle persone



Sanità lombarda, un’ottima opportunità per chi vuole lucrare sulla nostra salute
di Vittorio Agnoletto

Ancora arresti nella sanità lombarda, ancora accuse pesantissime contro medici e dirigenti sanitari. Un triste rituale che si ripete periodicamente e che in questi anni ha coinvolto tutti i ruoli istituzionali: presidente regionale, assessore alla Sanità, direttori generali, direttori sanitari, primari, medici oltre ovviamente imprenditori e politici loro amici.

Alcune cliniche milanesi sono diventate famose in tutta Italia e non sempre per meriti proprio scientifici: S. Rita, Maugeri solo per citarne alcune, senza dimenticarsi che, nell’ormai lontano 1992, l’inchiesta di Mani Pulite cominciò proprio con un arresto alla casa di cura Pio Albergo Trivulzio.

Non siamo di fronte ad un sistema sanitario che funziona in modo ottimale ed eventualmente a poche mele marce che delinquono, come afferma l’assessore regionale. E’ il sistema stesso, così com’è congegnato, che offre immense opportunità perchi vuole arricchirsi illegalmente sul corpo e sulla pelle dei propri concittadini.

Il “modello” sanitario della Regione Lombardia: arresti per tangenti al Galeazzi e al Pini



Giorgio Maria Calori, l’ortopedico arrestato per le tangenti nella sanità: un carrierista ossessionato dal lusso
È al Pini dall’87. Un collega coinvolto nell’inchiesta: «Lui è un delinquente vero». Dopo aver acquistato una casa signorile, a corto di soldi aveva con insistenza chiesto un prestito di 150 mila euro al socio in affari Tommaso Brenicci
di Sara Bettoni


I colleghi lo definiscono in coro un «numero uno» professionalmente e altrettanto concordi sono i giudizi a livello umano. Al Pini, nelle ore immediatamente successive agli arresti, ricordano come nei corridoi si parlasse da tempo delle ambizioni di guadagno del medico, il quale non faceva proprio «nulla per nascondersi». Questo ritratto coincide con la definizione degli investigatori che hanno parlato senza mezzi termini di «cupidigia».

lunedì 9 aprile 2018

Predoni al telefono


da: http://www.glistatigenerali.com/
di Davide Giacalone


Prima di abbandonarsi agli strilloni del nazionalismo patetico, si provi a ragionare. Perché attorno a quel che resta di Telecom Italia, ridenominata Tim, si agita una scena che non si sa se temere per quanto è grottesca o per l’unanime silenzio che l’accompagna. E l’una cosa non esclude l’altra.

Sarà bene ricordare di cosa stiamo parlando, prima di vedere cosa succede. Telecom Italia è stata venduta (non privatizzata, perché solo in un Paese di matti si pensa di avere privatizzato una società che era già quotata in Borsa) nel 1997: lo Stato cedette le partecipazioni di controllo, che deteneva per il tramite di una finanziaria, incassando 11.82 miliardi di euro. Quattro anni dopo l’Enel, che era ed è controllata dallo Stato, compera Infostrada, società di telecomunicazioni, impegnandosi a pagare 11 miliardi. Ne pagherà 7.5, ma non per merito proprio. Ergo: si è venduto un transatlantico per comprare un gozzo. Infostrada, a sua volta, aveva in pancia la rete di telecomunicazioni delle Ferrovie dello Stato, che, nel 1997 era stata venduta a Olivetti per 700 miliardi di lire, ma che questa aveva poi rivenduto a Mannesmann, l’anno successivo, per 14mila miliardi di lire. Lo Stato aveva venduto a 700 quel che l’acquirente rivendeva a 14mila. Con la differenza che Olivetti pagava a rate, diluite in 14 anni, mentre incassò sull’unghia. Con queste premesse, scusate, ma prima di festeggiare il reingresso dello Stato in quel che così sconsideratamente vendette, preferisco ragionare.

giovedì 5 aprile 2018

Google, Facebook, Amazon, ecc..: il “grande fratello” che molti non sanno di avere



Google, Facebook e Amazon: che cosa sa l’alter ego virtuale di tutti noi (e come lo usa)
di Virginia Della Sala


Ognuno di noi ha un suo alter ego virtuale. Nel migliore dei casi è un numero di cui gli inserzionisti e le piattaforme conoscono età, sesso, preferenze commerciali, culturali, sessuali, abitudini, localizzazione e spostamenti. Scoprire come è fatto è abbastanza semplice. Spulciando gli archivi e le condizioni d’uso, per esempio, il profilo di chi scrive è molto dettagliato: tra i 24 e i 35 anni, donna, con centinaia e ben determinate preferenze, che ha visitato almeno 159 posti, che abita in uno e che lavora in un altro, che si sposta a piedi, che fa poco sport, che ama ascoltare questa determinata musica e vedere un certo tipo di serie tv a una certa ora.

Google, basta una email
Ti conosce meglio di una segretaria
Il viaggio inizia nell’archivio di Google. Chi usa una email di Gmail, il servizio di posta elettronica, ha inevitabilmente attivato un account che dà accesso a decine di altri servizi, dall’archivio di foto e documenti. Le informazioni sono nella pagina “Account personale” a cui si accede dai quadratini in alto a destra dello schermo. Nella parte sulla sicurezza scopro che Google conosce con quali dispositivi mi sono collegata all’account e quando: marchio, modello, quelli ancora associati. Il fine è aiutare l’utente a tenere sotto controllo gli accessi, scoprire e impedire movimenti non autorizzati.

mercoledì 4 aprile 2018

Måneskin: Morirò da re

Intesa Sky-Mediaset: come cambia la guida tv



In attesa che si dipani la matassa dei diritti tv del calcio e si delineino gli sviluppi strategici e industriali di un'intesa che rivoluziona il panorama televisivo, la grande alleanza Sky-Mediaset annunciata ieri è destinata ad avere un impatto immediato sul menu a disposizione degli italiani che usano la pay tv, 4,8 milioni abbonati a Sky e circa 2 milioni clienti di Mediaset Premium, che vedranno a breve arricchirsi l'offerta sul telecomando.

9 CANALI PREMIUM APPRODANO SU SKY - Da maggio l'abbonato alla piattaforma satellitare avrà a disposizione - a costo zero - 9 canali Premium, 5 di cinema e 4 di serie tv. In particolare, gli abbonati al pacchetto Cinema vedranno Premium Cinema e Premium Cinema +24 (anteprime e blockbuster hollywoodiani), Premium Cinema Energy (cinema d'azione e horror), Premium Cinema Emotion (commedia romantiche), Premium Cinema Comedy (comicità e divertimento). Canali che insieme programmano ogni anno oltre 1.400 film - titoli come Wonder Woman, Dunkirk, L'ora più buia, Justice League, L'uomo di neve - delle grandi major Warner, Universal, Medusa finora in esclusiva Mediaset. Gli abbonati al pacchetto Sky Famiglia potranno invece vedere il canale Premium Action (serie d'azione, supereroi, fantasy), Premium Crime (serie poliziesche e legal), Premium Joi (medical, romance, drama familiari) e Premium Stories (comedy e sitcom). Accanto quindi a Gomorra, The Young Pope, Il trono di spade, The Walking Dead, punti di forza dell'offerta Sky, arriveranno titolo come Gotham, Chicago Fire, Supergirl, Suits e Mr Robot.

martedì 3 aprile 2018

Francia, tra Bardonecchia e gli scioperi: i francesi da non imitare e quelli da cui imparare…


Sabato scorso cinque agenti della Polizia doganale francese sono entrati nei locali di un centro migranti a Bardonecchia per far fare il test dell’urina a un nigeriano che sospettavano fosse uno spacciatore.
E’ scoppiato un caso diplomatico tra Italia e Francia. Quest’ultima sostiene che ha agito in virtù di un accordo tra i due paesi. Sarà pur vero. Ma è altrettanto vero che i francesi hanno “atteggiamenti” a dir poco arroganti nei confronti di noi italiani. Si ritengono superiori ed è quindi non difficile immaginare con quale “grinta” abbiano varcato il suo italiano a caccia dell’urina di un nigeriano.

Ma la Francia è in prima pagina anche per un’altra notizia. Da ieri sono iniziati gli scioperi dei lavoratori ferroviari contro la riforma del settore voluta da Macron.
I lavoratori francesi hanno indetto 36 giorni di scioperi fino al 28 giugno al ritmo di due alla settimana.

Il sistema bancario italiano e dei conti pubblici: il deficit aumenta causa salvataggio banche venete



Il salvataggio delle banche venete zavorra i conti: il deficit sale di 4,7 miliardi
La stima dell'Eurostat. Il peso sul debito è di 11,2 miliardi

I conti pubblici italiani non restano indenni al salvataggio delle banche venete. La maxi-liquidazione di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, decisa dal governo Gentiloni lo scorso giugno per evitare il fallimento dei due istituti e il tracollo del territorio circostante, pesa sul debito pubblico, come previsto, ma anche sul deficit, tanto da poter prevedere un possibile rialzo delle stime più che positive arrivate dall'Istat all'inizio di marzo.

Nell'estate 2017, al termine di una lunga trattativa con l'Europa, lo Stato ha sborsato 4,8 miliardi sotto forma di iniezione vera e propria di liquidità e ha concesso 12,4 miliardi di ipotetiche garanzie per permettere ad Intesa San Paolo di salvare il salvabile e di prelevare gli asset ancora 'buoni' delle due banche. Eurostat, appositamente sollecitato in proposito, ha chiarito, a distanza di 9 mesi, che l'impatto complessivo sui conti della doppia operazione è di 4,7 miliardi per quanto riguarda il deficit e di 11,2 miliardi per il debito.

2018, di lavoro si muore: da inizio anno morte 151 persone





Ancora morti sul lavoro, ma non è fatalità!

Le cronache di questi giorni riportano in evidenza un fenomeno molto diffuso, ma sempre oscurato dai mezzi di informazione le morti sul lavoro. Tre morti in Toscana, due a Livorno e uno ad Arezzo, uno in Emilia, poi ancora due a Catania ed infine due nel giorno di Pasqua in Lombardia. Uno stillicidio che colpisce il mondo del lavoro da nord a sud, caduti nel settore privato e anche in quello pubblico (due Vigili del Fuoco). 

Dall’inizio del 2018 sono cadute sul lavoro 151 persone con una media di 1,67 al giorno con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente, un numero esorbitante che denota una scarsa applicazione delle norme vigenti in materia di sicurezza e che di fatto trasforma il lavoro in un campo di battaglia. Da una parte il profitto “che conta”, dall’altra il valore della vita umana “che conta ogni giorno sempre meno”. 

Eppure nel nostro paese esiste una legge l’81/2008 “Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro” che per altro sarebbe una “buona legge”, ma poi come sempre accade non si creano gli strumenti idonei per vigilare sulla sua