mercoledì 26 settembre 2012

Sallusti, direttore del giornale di Berlusconi, condannato a 14 mesi di reclusione. Pena sopesa


da: Lettera 43

Sallusti, pena sospesa
Cassazione conferma 14 mesi di reclusione. Stop dalla procura

La Cassazione ha confermato la condanna definitiva a 14 mesi di reclusione per diffamazione aggravata nei confronti del direttore del Giornale Alessandro Sallusti.
Il ricorso del giornalista è stato rigettato.
ESECUZIONE PENA SOSPESA. Ma l'esecuzione della pena detentiva è stata 'automaticamente' sospesa per 30 giorni dalla procura della Repubblica di Milano, in quanto Sallusti risulta non avere cumuli di pena né recidive. Lo ha spiegato il procuratore Bruti Liberati.
30 GIORNI DI TEMPO. Il giornalista ha quindi 30 giorni di tempo per chiedere una misura alternativa al carcere, come l'affidamento ai servizi sociali. Ma lui stesso ha annunciato: «Vado in galera, no a misure alternative».
La V Sezione penale ha inoltre condannato Sallusti alla rifusione delle spese processuali, a risarcire la parte civile e a pagare 4.500 euro di spese per il giudizio innanzi alla Suprema Corte.
È stato così confermato il verdetto emesso dalla Corte d'Appello di Milano il 17 giugno 2011. Ci sarà, invece, un nuovo processo per il cronista Andrea Monticone imputato insieme a Sallusti.
ARTICOLO DEL 2007 SU LIBERO. Sallusti è stato condannato a causa di un articolo diffamatorio nei confronti del magistrato Giuseppe Cocilovo, apparso nel febbraio 2007 su Libero, il cui autore usò uno pseudonimo. All'epoca Sallusti era direttore di Libero e dunque chiamato a rispondere di tutto ciò che veniva pubblicato.

NESSUNO SCONTO. La mattina del 26 settembre, la procura della Cassazione aveva chiesto per il direttore del Giornale l'annullamento con rinvio della condanna «limitatamente all'aspetto delle attenuanti», ritenendolo «colpevole» di diffamazione, ma ribadendo la necessità di «rivalutare la mancata concessione delle circostanze attenuanti».

«Andrò in carcere, no a misure alternative»

Teoricamente Sallusti potrebbe anche non finire in carcere: dopo la sentenza della Cassazione, infatti, la decisione su dove e come il giornalista deve scontare la pena spetta alla magistratura di Sorveglianza di Milano, che potrebbe optare per misure alternative, comei servizi sociali. 
Ma lo stesso giornalista ha fatto sapere: «Andrò in carcere, no a misure alternative».
DIMISSIONI DAL GIORNALE. E ha deciso di presentare le sue dimissioni dal Giornale. «Ho appena annunciato ai miei giornalisti che stasera mi dimetto», ha detto in un'intervista a Pomeriggio 5. «Domani farò il titolo più semplice della mia vita: 'Sallusti va in galera'», ha aggiunto.
Poi ha spiegato perché non vuole andare ai servizi sociali: «Mi rifiuto di essere rieducato da qualcuno, credo che l'affidamento deve avvenire per qualcuno che spaccia droga, magari anche per qualche politico che ruba».
FNSI: «DECISIONE SCONVOLGENTE». La decisione della Cassazione è stata definita «sconvolgente» dal segretario Fnsi, Franco Siddi. «È una norma illiberale nell'ordinamento di Paese dalla Costituzione democratica che sconfigge e mortifica la libertà di espressione e priva un uomo della libertà personale. I giornalisti sapranno dare una risposta unitaria e straordinaria, oggi dobbiamo sentirci tutti condannati come Sallusti».

Santanché: «Paese ridicolo, serve la rivoluzione»

Tra le varie reazioni alla notizia, ha fatto scalpore quella di Daniela Santanché, 'pasionaria' del Pdl e molto vicina a Sallusti: «Sono sgomenta. Questo è un Paese ridicolo, che protegge i ladri, i delinquenti, chi ruba, chi ammazza e invece mette in galera un persona per una opinione. Oltretutto neppure sua, ma di un suo giornalista», ha detto ad Affaritaliani.it.
Santanché ha usato parole durissime per commentare la vicenda: «Questo è lo schifo di questo Paese. Con questo la magistratura ha toccato il suo fondo. Mi auguro che gli italiani questa volta non stiano chiusi nelle loro case, ma scendano in piazza e capiscano la magistratura che potere è. Se non si fa una rivoluzione questa volta non si farà mai più».
E ha concluso: «Il mio stato d’animo, anche visto il rapporto di vita con il direttore, è di schifo».
SEVERINO: «NO COMMENT, MA CAMBIARE NORMA». Il ministro della Giustizia Paola Severino ha invece deciso di non commentare la sentenza, ma ha ribadito «la necessità di intervenire al più presto sulla disciplina della responsabilità per diffamazione del direttore responsabile».
CASSAZIONE: «LA NOTIZIA ERA FALSA». La Cassazione, però, ha spiegato che su Libero nel 2007 è stata pubblicata una notizia sostanzialmente «falsa» dal titolo: «Il dramma di una 13enne. Il giudice ordina l'aborto».
Infatti «la giovane non era stata affatto costretta ad abortire, risalendo ciò ad una sua autonoma decisione, e l'intervento del giudice si era reso necessario solo perché, presente il consenso della mamma, mancava il consenso del padre della ragazza, la quale non aveva buoni rapporti con il genitore e non aveva inteso comunicare a quest'ultimo la decisione presa».
Inoltre la non corrispondenza al vero della notizia era già stata accertata e dichiarata da Ansa, Tg3 regionale e Radiogiornale il giorno prima della pubblicazione dell'articolo su Libero.
Infine la nota della Cassazione ha sottolineato «la non identificabilità dello pseudonimo 'Dreyfus' e, quindi, la diretta riferibilità del medesimo al direttore del quotidiano», cioé Sallusti.

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