lunedì 24 settembre 2012

Regione Lazio, Norma Rangeri: “Attenti ai forconi”



da: Il Manifesto

Attenti ai forconi
di Norma Rangeri

Si fa fatica ad arrivare in fondo agli articoli di cronaca che raccontano lo sperpero di soldi pubblici, che insistono sulla volgarità dei comportamenti dei consiglieri governati dalla presidente del Lazio, Renata Polverini. A leggere i particolari della corruzione, le richieste assillanti di denaro, il sistema delle fatture false, il dettaglio dei diecimila euro per i tre giorni in albergo del capogruppo del Pdl si resta tramortiti, soprattutto se si hanno davanti agli occhi gli operai dell'Alcoa aggrappati alla torre.
Fanno ancora più impressione quei trentamila euro netti di stipendio mensile del consigliere Fiorito, l'ufficiale pagatore della famelica famiglia berlusconiana della Pisana. Trentamila più i centomila l'anno per la cosiddetta "attività politica" sua e di ogni singolo consigliere regionale, di maggioranza o di opposizione. Un fiume di denaro autorizzato, legale, di fronte al quale la malversazione è quasi una conseguenza scontata. E del resto sono soldi necessari per ripagare in qualche modo i costi di un'elezione allo scranno consigliare. Soldi, tanti, per farsi eleggere, soldi per mantenere il posto. Come la cosa più naturale del mondo.
L'altra sera negli studi di Piazza Pulita (La7) è stata proprio Renata Polverini a dichiarare, senza vergogna, senza ritegno, senza rispetto anche nei confronti dei suoi elettori, di aver speso dai sei agli otto milioni di euro per diventare presidente della regione, tanto è costata la sua campagna elettorale (un milione quella di Emma Bonino). Anzi era seduta davanti alle telecamere (prossimamente l'aspettiamo per la gran festa a Ballarò, il suo trampolino di lancio) come una Giovanna d'Arco pronta a infilzare il drago del malaffare. Che non si sarebbe dimessa era evidente, come il fatto che per non affondare sarebbe rimasta a galla dando in pasto al popolo una manciata di briciole (abolizione di qualche commissione).

Di fronte allo spettacolo da basso impero è miracoloso che non esploda una protesta popolare (populista?).
Anche se quando parli con il barista le parole non sono lievi («bisognerebbe andarli a prendere sotto casa con i forconi, tutti nessuno escluso»). Quei forconi si materializzeranno se non nelle piazze (e non è detto: la crisi sta peggiorando), certamente nelle urne. Gli effetti elettorali della corruzione saranno dirompenti. Predicare contro il populismo, chiedere il rispetto delle istituzioni, esortare a distinguere tra chi è al governo e chi ne è fuori, è come cercare di svuotare il mare con il secchiello. Perché se è vero che dal sistema Formigoni al sistema Polverini, è della catastrofe berlusconiana che stiamo parlando, è altrettanto provato che a sollevare il velo del malcostume politico non è stato il principale partito di opposizione (vogliamo dimenticare il caso Penati?), ma, in Lombardia come nel Lazio, il piccolo drappello dei radicali con la loro inesausta battaglia sulla trasparenza (la chiamano anagrafe) degli eletti.
Nulla in questi mesi di governo tecnico è stato fatto dai partiti sui costi della politica. Nessuna riforma del finanziamento pubblico, nessuna riforma della legge elettorale (e quella che si intravede potrebbe essere addirittura peggiore dell'attuale), neppure un'assunzione di responsabilità per il pauroso arretramento della morale pubblica. Credono o sperano di usare la prossima campagna elettorale come un lavacro propagandistico di tutti i peccati. Non vedono che, per la profondità della crisi, andremo alle urne nelle condizioni peggiori di sempre, senza il pane e tantomeno le rose.

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