mercoledì 26 settembre 2012

Mario Tozzi: "Quel patto violato dall'uomo"



da: La Stampa 

Quel patto violato dall'uomo
di Mario Tozzi 

C’è un patto tacito che l’uomo stipula con la natura quando si ostina a vivere in territori a rischio, un patto che ha le sue regole e che non può essere disatteso.

E se lo si disattende si rischiano di perdere vite umane, opere e benessere. Quel patto è quello che permette di vivere nei deserti purché lo si faccia sotto terra, sulle coste purché non si tocchino le dune e le foreste, e sui terreni ripidi di montagna purché li si curi spezzandosi la schiena tutti giorni dell’anno. Quel patto è stato violato alle Cinque Terre, e non da oggi. Nell’autunno dello scorso anno Vernazza e Monterosso sono stati spazzati via dalle alluvioni perché erano (e restano) costruite in uno dei posti meno sicuri del mondo, abitabile solo grazie al lavoro secolare di terrazzamento delle valli e di conservazione delle leccete e dei boschi. Opere di scolmamento già esistevano allora e non hanno garantito la salvezza delle vite né dei beni materiali. Così come reti e gabbionate o altre installazioni ingegneristiche non possono garantire l’assenza di frane, perché la gravità agisce sempre, anche quando non piove e quei pendii sono instabili per definizione.

Il rischio idrogeologico alle Cinque Terre e in tutta la Liguria comprende l’80% del territorio, sia a causa della particolare conformazione geologica delle formazioni rocciose, sia perché gli uomini negli ultimi decenni hanno esagerato costruendo dappertutto e allargando così enormemente le aree a rischio. Soprattutto nuove

strade e parcheggi, che frammentano il terreno rendendolo più vulnerabile. E laddove si è costruito meno, come nel Parco Nazionale, non si è comunque potuto arrestare il progressivo abbandono delle campagne e forse non si sono fatti tutti gli investimenti con le corrette priorità. Il turismo ha portato benessere e ricchezza, togliendo da una condizione di fatica atavica e di povertà generazioni di spezzini. Ma il patto con la natura è stato violato e le forze geologiche hanno continuato a fare il loro lavoro, come è normale che sia. Siamo facili profeti nel dire che, in Liguria ma non solo, alluvioni e frane si ripeteranno con una dolorosa ciclicità a ogni cambio di stagione (per certi versi il periodo più adatto perché le condizioni del suolo favoriscano questi fenomeni). E hai voglia a ripetere che le piogge sono cambiate e che arriveranno sempre più frequenti i flash flood, le bombe d’acqua. E che lasciano una pesante eredità, possibilmente aggravata dalla siccità, in termini di stabilità dei versanti.

Il problema è ancora più grave, e, se è vero che un miglioramento si può ottenere rimuovendo preventivamente frammenti rocciosi dalla montagna in prossimità dell’autunno e della primavera, è anche vero che la questione non è meramente tecnica. È che bisogna piantarla di considerare i costi per la manutenzione e la messa in sicurezza come una fastidiosa incombenza o una perdita di tempo e guadagni. È che bisogna non diminuire gli stanziamenti in questo campo, neanche quando la crisi economica morde alla gola. La messa in sicurezza del territorio passa per gli investimenti, l’applicazione corretta di tecnologie scientificamente validate e ecologicamente sostenibili, ma anche per una presa di coscienza culturale che è di là da venire, perduta nella rincorsa a un profitto che si vorrebbe senza prezzo. Prima di tutto viene la tutela ambientale e la prevenzione del rischio naturale, poi si possono alimentare le economie: se non ci diamo un limite da soli prima o poi ci pensa madre natura.

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