lunedì 24 settembre 2012

La7 in vendita: più delle reti le frequenze, asset da variare o…smantellare


da: la Repubblica

La7 e i costi dei palinsesti Cairo, Mentana e Santoro gioie e dolori di Bernabè
Il numero uno di Telecom vuole vendere e vuole anche garanzie di valorizzazione degli asset. Ma chi comprerà lo farà per le frequenze e, tranne forse in un caso, smantellerà il canale. Impensabile in piena campagna elettorale.
di Stefano Carli

Chi pensa che entro questa sera si conosceranno i nomi di fondi e broadcaster, italiani e stranieri, pronti a darsi battaglia per la conquista di La7 rischia di restare deluso. E’ vero che alle 12 di oggi Mediobanca e Citi, gli advisor scelti da Telecom Italia, chiuderanno i termini per la presentazione delle offerte di acquisto, per tutta TiMedia o per le due singole parti, i canali tv La7 e Mtv, da una parte, e Timb, l’operatore di rete, dall’altra. Ma si tratta di offerte non vincolanti.
Le candidature pervenute saranno oggetto di una relazione che gli advisor presenteranno a Franco Bernabè e che verranno illustrate nel cda di Telcom in programma giovedì prossimo, 27 settembre. Si deciderà dunque in quella data? E’ probabile che la risposta sia ancora una volta “no”. La vendita di La7 è una strana partita in cui a tutt’oggi troppe cose non sono chiare. A partire dal fatto che Bernabè afferma non solo di non voler svendere (vorrebbe quindi far cassa nonostante perdite in aumento e 200 milioni di debiti) ma chiede perfino assicurazioni sulla valorizzazione dell’asset: obiettivo difficile da realizzare una volta raccolte tra operatori e addetti ai lavori valutazioni pressochè unanimi su questo singolo punto: chiunque comprerà (con pochissime eccezioni), lo farà per le frequenze e per conquistare i tasti 7 e 8 del telecomando e non per l’attrattività dei palinsesti messi in onda da Gianni Stella.

Questa fase delle “offerte non vincolanti” è una specie di carotaggio del mercato: Telecom si farà un’idea del tipo di offerte che potrebbe ricevere, al netto del fatto che tutti sanno che è una fase di tattica, e poi deciderà. Se si procederà
nella vendita tutto potrà ancora succedere e chiunque potrebbe farsi avanti, anche chi non ha preso parte a questa prima fase. Ma Telecom potrebbe anche decidere di non vendere. E in molti sono pronti a scommettere che Bernabè non si straccerebbe certo le vesti a doversi tenere in casa un’emittente tv che fa i suoi migliori share con le news e con l’unico tg italiano in crescita di ascolti, quello di Enrico Mentana, proprio nel pieno di una campagna elettorale tesa e con poca visibilità su quale potrà essere tra 6-7 mesi il prossimo signore di Palazzo Chigi. La strada che porta a queste considerazioni passa attraverso l’analisi dei risultati di La7, della “confezione” della vendita e dei possibili candidati. Partiamo da qui. «Dobbiamo distinguere in base agli obiettivi degli acquirenti - precisa subito Alessandro Araimo, partner di Roland Berger Italia - Se la si guarda da un punto di vista puramente industriale il candidato ideale è un grande gruppo che voglia crescere, o entrare in Italia, che disponga di una library consistente il cui utilizzo in Italia comporti costi marginali. Perché il problema di La7 non è l’audicene o i ricavi, ma i costi». Un identikit che vale per molti soggetti. Sky in primo luogo, ma anche Discovery, già presente in Italia con Real Time e DMax, due canali che assieme fanno oggi il 3% di share e sono in forte crescita. Ma può valere anche per la francese Canal+, che ha appena cambiato le sue strategie e punta a crescere nei canali digitali in chiaro e nella pubblicità da affiancare a un business “pay” che si è fermato. Può infine adattarsi bene anche a Rtl, il maggior broadcaster europeo: «E’ leader in Germania, ha M6 in Francia, Channel 5 in Uk, Antena 3 in Spagna - elenca Araimo - Ha un totale di 47 canali tv e 29 canali radio. E’ un content provider di dimensione europea con Fremantle e è già presente sul mercato italiano con un piccolo produttore di contenuti, Grundy. E’ forse l’unico che potrebbe essere interessato ad entrare in Italia con un’offerta di tv generalista. Gli altri sono tutte tv tematiche ».

Questa analisi sottende uno degli aspetti critici: se a comprare sarà uno straniero, con la sola eccezione di Rtl, o forse di Canal+, la prima mossa del neo proprietario sarà quella di smontare il palinsesto attuale di La7. Se, per ipotesi, fosse la Discovery guidata in Italia da Marinella Soldi, il suo primo obiettivo è opinione corrente, tutti i diretti interessati si trincerano dietro il classico «no comment» - sarebbe di mettere Real Time sul tasto 7 del telecomando e già solo per questo potrebbe veder crescere gli ascolti fino al doppio. Ma questo è un “tasto” dolente, è proprio il caso di dirlo. Il sistema di numerazione portato dal passaggio al digitale è sotto accusa ed è in questo momento in fase di riesame da parte dell’AgCom: così come è, è troppo rigido e blocca l’ingresso di nuovi canali che si troverebbero relegati in numerazioni impossibili. Si arriverà a una ridefinizione: oggi sembra poco probabile che questo porti a rivedere le prime 9 posizioni (quelle a cui si arriva con un solo tasto) perché il problema è nei numeri alti, ma non è detto. E per questo, che è uno degli asset di La7 e Mtv, ossia i tasti 7 e 8, c’è comunque un minimo di incertezza che può scoraggiare gli acquirenti potenziali.

C’è poi il nodo della pubblicità. Chi compra si trova il contratto con la concessionaria Cairo bloccato fino al 2019, se non sarà Cairo stesso, a sua volta uno dei candidati possibili all’acquisto, a rinunciare. I numeri non si conoscono: filtra a tale proposito perfino qualche timida e anonimissima indiscrezione da di chi ha visto le carte, ma sembra insomma che tra i numeri della data room la parte sui ricavi pubblicitari non sia chiarissima. Quello che si dice tra gli addetti ai lavori è che Cairo assicuri sì dei minimi garantiti alti, ma trattenga una quota ancora più alta sulla parte variabile. Insomma, una spada di Damocle sulla crescita: se la raccolta sale la parte che va a La7 crescerà in proporzione minore. E infatti già i dati del primo semestre 2012 dicono che se lo share medio di La7 è salito al 3,5%, e con La7-D si arriva al 3,9%, la quota sul mercato pubblicitario resta ferma al 2,9%. Ancorchè la raccolta lorda sia cresciuta nel semestre del 13,6% e quella netta del 10%. Ultimo punto, i contenuti. La7 è una tv Mentana-dipendente. Qualcuno l’ha definita come il contenitore di Mentana. Di fatto è un canale la cui caratterizzazione è sulle news. Vanno bene i tg che raddoppiano e spesso quadruplicano lo share medio, vanno bene gli approfondimenti di Lilli Gruber e anche quelli di Formigli e Lerner. Vanno bene gli eventi con Saviano. Ma quando si torna alla programmazione tipica di una tv generalista lo share si riassesta sui livelli tradizionali, anche se in lieve crescita. Proprio questo è il problema. Se chi comprasse La7 lo facesse per le frequenze e il telecomando, potrebbe anche sopportare il contratto con Cairo ma dovrebbe smontare i palinsesti. E chiudere una programmazione in cui si sta anche per aggiungere Santoro, che partirà in novembre, non sembra un compito agevole: certo no, se a comprare fosse un italiano (solo Mediaset avrebbe il vantaggio delle dimissioni automatiche promesse da Mentana) ma anche per tutti gli altri sarebbe un difficile passaggio da gestire in termini di immagine (e anche di penali). Tanto più in piena campagna elettorale.
«Il fatto è che sul mercato italiano lo spazio per 7 canali generalisti sicuramente non crescerà - spiega Augusto Preta, direttore generale di ItMedia Consulting - Si cresce solo togliendo spazio agli altri. Senza contare che la quota di mercato totale della tv generalista continua a scendere. Diverso sarebbe se il sistema si ristrutturasse. Se per esempio la Rai concentrasse il servizio pubblico solo su uno o due canali. O se Mediaset trasformasse uno dei suoi canali generalisti in una tv tematica per caratterizzarla meglio dal punto di vista pubblicitario, ma fino a quando c'è un concorrente sul suo terreno preferito questo presumibilmente non accadrà ».

Vendere La7 sarà dunque difficile. Anche perché quello che può far veramente gola al mercato sono soprattutto le frequenze. E le frequenze non sono in La7 Srl ma in Timb: le si può comprare senza doversi sobbarcare i canali. E sarebbe paradossale che alla fine Telecom vendesse le frequenze e si tenesse in pancia i due canali tv. Non avrebbe senso. Comunque di frequenze sul mercato non c’è carenza in questo momento: tra poco arriveranno anche quelle dell’ex Beauty Contest. Se perfino Sky ha deciso, come Canal+ in Francia, di diversificare con più convinzione verso la tv in chiaro (e il passaggio dei gol di 90esimo minuto su Cielo ne è una prova) l’interesse sicuramente c’è. Ma in questo momento nessuno ha fretta. Probabilmente nemmeno Bernabè.

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