lunedì 3 settembre 2012

Il mio Carlo Maria Martini


Da venerdì, quando ho saputo dell’aggravamento delle condizioni di salute di Carlo Maria Martini, ho pensato di pubblicare alcuni degli articoli che avevo letto e che mi sembravano contribuissero a farlo conoscere o ricordare, anche se solo in parte, per ciò che era.
Ora vorrei provare a descrivere perché sono stata e continuerò a essere una fan di Carlo Maria Martini.

Laicamente, guardo all’uomo, alla sua mente, alla sua capacità di essere e trasmettere ciò che è. Carlo Maria Martini è una mente superiore. Un intellettuale e non intellettualoide. Una persona che aveva intelletto e lo sapeva usare. Sapeva comunicare. Dotato di un’elasticità mentale con la quale incontrava le menti, l’animo delle persone. Una mente onesta al servizio delle nostre menti.
Non mi paiono qualità di poco conto. Né facili a trovarsi.

Cattolicamente, come credente e praticante, sono una fan di Carlo Maria Martini. Non ho potuto né voluto prescindere dal suo pensiero. Nessuno – dal comune credente al gerarca più potente della Chiesa – può ignorare il suo pensiero.



Carlo Maria Martini è stato testimone di Cristo. Il suo modo di porsi, di affrontare ogni argomento, la sua profonda e coerente convinzione nel dialogo è stata la dimostrazione di un Martini portatore di Cristo.
La differenza abissale tra lui e la gerarchia cattolica – con rarissime eccezioni – è che pur essendo un intellettuale, una mente superiore, Carlo Maria Martini pensava con chiarezza, sapeva trasmettere in modo forte e chiaro rendendo così il Vangelo di Cristo qualcosa di concreto, per la nostra vita di ogni giorno.
Non vi era astrattismo. Nessun ermetismo. Nessun “trucco”. Ha saputo mettere a frutto, al servizio degli altri, il dono che aveva ricevuto da Dio. Che Dio gli aveva dato per noi. E a noi, l’ha donato con la sua missione nella Chiesa. Sì, perché Carlo Maria Martini era un missionario in una Chiesa che aveva bisogno – che ha bisogno – di evangelizzazione.

Non so quali fossero realmente i rapporti tra Carlo Maria Martini e Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Probabilmente, il vertice massimo della Chiesa non era in “linea” con certe posizioni ragionate dell’arcivescovo di Milano. Ma credo che nessuno di loro abbia mai onestamente negato a Carlo Maria Martini la vocazione al Vangelo. Che ritenessero quella mente e la sua opera un essere “contro”, un fattore di divisione, bensì: a favore. A favore di un messaggio che dovesse arrivare a tutte le genti. Perché la Chiesa deve avvicinare, accogliere. E saper mantenere. In questo Carlo Maria Martini è stato un grado missionario.

Mi mancherà.
Certo. Ci sono i suoi libri. Ma mi mancherà il suo intervenire nel nostro quotidiano. Lui, seppure da una posizione privilegiata nella Chiesa, era parte del paese reale. Se non fosse stato così, in questi giorni non ci sarebbe stata un’enorme folla in Duomo, per salutarlo. Per ringraziarlo. Per riconoscere ciò che è stato. Soprattutto per i cattolici milanesi.
Ovviamente, non piaceva a tutti e da una parte del mondo cattolico era osteggiato. Non sto a specificare quale parte, perché è evidente. Carlo Maria Martini non era un integralista. Né come cattolico, né come laico. Trasmetteva il Vangelo di Cristo. Non il Vangelo di certi “profeti”.

Come Pier Paolo Pasolini e David Maria Turoldo, il pensiero di Carlo Maria Martini è stato per me  - e continuerà a esserlo - un riferimento imprescindibile. E non perché cattolica. Ma perché laica credente che vive in una società che stenta a diventare umana, giusta. Incapace di ascoltare e affrontare – anche bruscamente ma intensamente – le ragioni e i dubbi e il perché delle certezze.
Purtroppo, nessuno di loro è con me a raccontarmi, giorno dopo giorno, cosa sta succedendo intorno a noi e perché.
Da venerdì mi sento più sola anche se so che il loro pensiero è con me….

Un’ultima osservazione in merito a quanto ho letto ieri in Repubblica. Nella sua Amaca, Michele Serra si dichiara sorpreso che nessuno abbia scritto che nel mondo cattolico Carlo Maria Martini era uno sconfitto.
Sono certa che Michele Serra non abbia scritto ciò per compiacimento. Anzi. Dispiaciuto del fatto che la “linea” dell’arcivescovo emerito di Milano non sia la prevalente nella Chiesa.
Ma quando leggo gli articoli di certi laicisti sul mondo cattolico, mi pare di essere in presenza di gente che abbia un problema di cataratta. Il cristallino opaco riduce la capacità di vedere. Ecco, loro affrontano le questioni del mondo cattolico con una lente opaca. Che riduce lo spazio visivo.

Carlo Maria Martini non è uno sconfitto nel mondo cattolico. Lo sarà, eventualmente, nell’ambito della gerarchia cattolica. E’ ovvio che non possiamo considerare due entità equidistanti gerarchia e massa di fedeli, ma è altrettanto vero, Serra lo sa benissimo, che la struttura gerarchica della Chiesa non rappresenta in toto i credenti.
Ieri ho sentito alcune persone parlare di Carlo Maria Martini. Con parole diverse, esprimevano tutti il medesimo concetto. Evidenziavamo gli stessi aspetti di questo cattolico. Significa, quindi, che il messaggio di Carlo Maria Martini è arrivato. Forte e chiaro. Nonostante sia stato una presenza “ingombrante” per certa gerarchia cattolica e abbia “rubato la scena” anche a un Papa di grande personalità (non per questo non discutibile) come Giovanni Paolo II.

Per una grande parte di cattolici, Carlo Maria Martini è stato voce di Cristo ed esempio concreto di cosa significhi essere cristiano. Quindi, se proprio vogliamo trattare di vincitori e vinti, Carlo Maria Martini è un vincitore perché Cristo vince. Con Cristo si vince. Il fatto che la sua “linea” non sia maggioritaria all’interno della gerarchia cattolica, che determina principi e regole per i credenti, lo renderà sconfitto rispetto al potere temporale ma non rispetto a Dio e neppure rispetto ai credenti.
Ma, per essere chiari, voglio aggiungere anche questo.

Qualcuno ritiene che Carlo Maria Martini sia amato dai cattolici per il diverso modo di affrontare e pensare su alcuni temi. E’ anche così. Ma, non vorrei s’ingenerasse un equivoco.
Carlo Maria Martini non era un fautore del “cattolicesimo fai da te”: “fai quel che vuoi agendo con coscienza” che sia divorzio, aborto, eutanasia. E se un cattolico lo apprezza credendo che lui “concedesse” ciò che il Papa e le varie eminenze porporate vietano non ha capito nulla della vita cristiana di Carlo Maria Martini.
Il “cattolicesimo fai da te” non è il senso dell’evangelizzazione di Martini. Il senso, a mio parere, è la diversità profonda con la quale io, pastore della Chiesa, mi pongo davanti a te: ti ascolto e ti parlo. Non per condannarti. Per capire il perché del tuo pensiero, della tua esperienza di vita. In questo modo, troveremo insieme le risposte ai tuoi dubbi, smantelleremo le granitiche certezze che sono invece equivoci. Troveremo una strada insieme, seppure nelle nostre diversità, ma con una visione comune. Con modello di vita comune.
Insieme. Da pari a pari. Perché Cristo era uomo in mezzo agli uomini.

Una considerazione sul suo stato fisico e mentale e sulla sua morte.
Carlo Maria Martini è morto da cristiano. Perché il suo rifuto a un certo tipo di alimentazione e idratazione forzata non è contro i principi cristiani. Chi osa sostenere il contrario nel “timore” di aperture all’eutanasia ha una mente becera e disonesta. Tanto quanto chi strumentalizza o “forza” le volontà di Carlo Maria Martini.

Nonostante la lunga malattia che lo ho stravolto fisicamente (ho visto una sua intervista nella quale il suo corpo mostrava i segni evidenti del Parkinson) la mente è rimasta lucida, acuta fino alla fine.
Dio ha voluto che arrivasse alla fine terrena così.
E questo, a mio parere, non è casuale. Significa qualcosa di preciso. Che quella mente è per noi. Tutti – gerarchia cattolica inclusa – deve fare i conti con quella testa.

Il mio triste ma riconoscente saluto a Carlo Maria Martini. Un abbraccio.
Lui sta già costatando se Dio esiste. Io rimango con i miei dubbi. Tra le mie certezze c'è che tramite Carlo Maria Martini ha capito perchè sono e devo rimanere cristiana.

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