giovedì 13 settembre 2012

I furbetti della crisi: se anche la tv fugge all’estero



tratto da:  Il Salvagente

I furbetti della crisi: se anche la tv fugge all’estero

Narra le gesta di cavalieri solitari, butteri e briganti e donne coraggiose. E, soprattutto della Maremma, tra Bolgheri e Pisa. Sono i protagonisti di Terra Ribelle, la fiction targata Rai. Siamo sul finire del 1800, come si vede da un paesaggio ancora non contaminato dal cemento: verdi boschi, morbide colline, cavalli allo stato brado, borghi antichi. Ma la fiction è finzione, come dice il nome, e le scene che ritraggono la Toscana in realtà sono girate in Argentina.
Anche questa è delocalizzazione: certo non comporta chiusura di fabbriche e cassa integrazione, perché i lavoratori dello spettacolo in genere sono autonomi e gli ammortizzatori sociali non sanno cosa sono. Eppure anche per loro spostare le riprese fuori dall’Italia significa lavorare meno. Quanto?
Complessivamente, secondo i calcoli del Clic (Coordinamento lavoratori industrie cineaudiovisivo), la serie avrebbe prodotto una perdita di 2,16 milioni di euro di reddito ai lavoratori e di 2,10 milioni all’industria. A questo bisogna aggiungere le perdite per lo Stato per il mancato pagamento di tasse (Iva, Irpef, occupazione di suolo pubblico) e contributi previdenziali. Gli attori e i tecnici, sono in gran parte “locali” e locali le aziende che forniscono strumentazione, materiale tecnico, comparse.
Se fosse stata girata in Maremma e non nella Pampa, “Terra Ribelle” avrebbe fatto entrare nelle casse dello Stato circa 2 milioni di euro. Prendiamo queste cifre e moltiplichiamole per decine di produzioni Rai delocalizzate in giro per il mondo.

Tutte marcate made in Italy, ambientate qui e finanziate col canone pubblico: la Serbia ha fatto da sfondo alle avventure de “Il Commissario Nardone”, “Lo scandalo della banca romana” e “Paura d’amare”, in Bulgaria hanno girato “Un caso di coscienza 4”, in Argentina “Scusate il disturbo”, “Un pugno e un bacio”, “Tutti i padri di Maria”.

Corrado Volpicelli, della Slc Cgil, spiega: “Complessivamente nei prodotti realizzati dal 2008 al 2011 sono state perse 47.100 giornate lavorative con una perdita di 47 milioni di euro: 10 milioni di reddito sottratto ai lavoratori, 25 in proventi persi per il noleggio dell’attrezzatura e 12 mancati introiti per lo stato in termini di oneri e tasse”. Cifre notevoli, a cui aggiungere l’indotto: catering, trasporti, alberghi, ristoranti, sicurezza…

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