giovedì 27 settembre 2012

Facebook: riconoscimento facciale



da: Corriere della Sera

Facebook, le foto e le parole svelate E se fosse l'apocalisse della privacy?
I dubbi sulla segretezza dei dati mentre la società cede in Borsa
di Massimo Gaggi

Prima i cambiamenti senza preavviso del confine tra pubblico e privato nelle pagine che ogni utente mette su Facebook. Poi la concessione agli inserzionisti pubblicitari di un accesso privilegiato ai profili degli utenti a fini commerciali. Accantonati con fatica quei contenziosi, ecco la battaglia estiva, combattuta soprattutto in Europa, per impedire alla grande rete sociale californiana di introdurre unilateralmente nel proprio sito il sistema di riconoscimento digitale dei volti. Con l'impresa di Mark Zuckerberg che alla fine fa marcia indietro e si impegna a non compiere alcun passo senza un accordo con le autorità della Ue. Due giorni fa, infine, il caso Timeline, con gli utenti di mezzo mondo che hanno accusato Facebook di aver trasferito improvvisamente e senza autorizzazione nelle loro pagine pubbliche gli scambi di messaggi privati del 2008 e del 2009.
Giorni difficilissimi per il gigante dei «social network», anche se quest'ultimo caso verrà probabilmente derubricato a banale malfunzionamento della propria piattaforma: un problema causato da un «bug», le cui conseguenze dovrebbero essere piuttosto limitate. Ma la realtà è che Facebook si trova nel bel mezzo di una vera e propria tempesta della «privacy» da esso stesso scatenato.
Fino ad un certo punto l'azienda concepita in un dormitorio di Harvard è andata avanti con spavalderia, certa che il suo miliardo di utenti avesse ormai un forte vincolo affettivo col suo sito e che, abituato ai vantaggi di un dialogo in rete senza barriere, fosse pronto a rinunciare a proteggere la riservatezza dei suoi dati personali.

Ma la sensibilità degli utenti è man mano cambiata per una serie di incidenti che hanno fatto scendere in campo prima le «authority» di garanzia, poi gli stessi esperti della rete, allarmati dalle forzature di una società che, per far soldi, ha bisogno di sfruttare (e quindi di rendere pubblico) l'enorme patrimonio di informazioni personali che ha raccolto.
La quotazione in Borsa di Facebook, da questo punto di vista, non ha giovato: Zuckerberg, percepito dagli utenti della rete, soprattutto i più giovani, come una sorta di «compagno di banco», è divenuto improvvisamente un «tycoon» di Wall Street. E mentre le quotazioni in Borsa precipitavano (ieri il titolo valeva ancora poco più di 20 dollari, circa la metà dei 38 del collocamento dello scorso maggio), la società ha cominciato disperatamente a cercare modi nuovi di far fruttare il suo capitale di dati. Anche perché le entrate pubblicitarie hanno continuato ad avere un andamento meno soddisfacente del previsto.
Ma con tutti i riflettori improvvisamente puntati addosso, per Facebook è diventato più difficile vendere le informazioni che possono consentire a una società commerciale di conoscere in profondità i comportamenti di ogni singolo consumatore.
Un campo nuovo e promettente è proprio quello del riconoscimento dei volti. Col suo enorme archivio fotografico (300 milioni di immagini scaricate ogni giorno) e senza più nemmeno la concorrenza di Instagram (comprata qualche mese fa), Facebook è ormai in grado di riconoscere ed «etichettare» i volti che compaiono su tutte quelle immagini grazie al software di Face.com, una società israeliana che Zuckerberg ha acquistato tre mesi fa. Per la società si aprono nuove praterie inesplorate: il riconoscimento facciale può essere usato, ad esempio, per «schedare» tutti i clienti che entrano in un supermercato e per setacciare i loro acquisiti.
Ma è evidente che qui si entra in un campo delicatissimo dal punto di vista dei diritti individuali e anche della sicurezza. Dopo i primi esperimenti, Facebook ha messo il sistema in «stand-by» in attesa di perfezionarlo, ma nel frattempo è scoppiata la tempesta in Europa. La società Usa ha provato a resistere, ma si sono aperti troppi fronti, dalla Germania, all'Irlanda, alla Norvegia: Zuckerberg alla fine ha accettato di sottomettere il suo sistema di riconoscimento all'Unione Europea. Non può permettersi rotture, visto che da quest'area proviene un terzo del suo fatturato pubblicitario.
Negli Usa, dove la «privacy» è meno tutelata, si muoverà più liberamente, ma anche qui Congresso e società civile stanno cercando di mettere una serie di paletti.

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